A ROMA IL 3% DEGLI ABITANTI SENZA ACQUA POTABILE.
REGIONE: LAZIO
Tre su cento sono senz'acqua. Meglio, l'acqua ce l'hanno ma la devono prelevare da pozzo artesiani, pompare in superficie, filtrare e poi sperare che sia di qualità. E rischiare, usandola per bere, cucinare e lavarsi. Se poi l'acqua “puzza”, basta turarsi il naso. In alternativa a pochi metri dalle case dove l'Acea non arriva ci sono sempre le fontanelle. E allora, tutti in fila.
Succede a Roma, Capitale d'Italia, metropoli a vocazione europea. Qui, nella città dell'edilizia, dei costruttori e dei palazzinari, almeno 3 cittadini su cento (fonte Acea, copertura residenti nel Raccordo Anulare 97%) vivono come all'inizio del secolo passato. E non parliamo dell'estrema periferia o delle zone abusive dove gli allacci alle fogne e alle condutture dell'acqua potabile per decenni sono stati realizzati di notte con la compiacenza dei vigili urbani, ma zone semiurbane a bassa densità di popolazione comunque comprese entro il Grande Raccordo Anulare.
Un caso simbolo è il comprensorio di Tor Pagnotta, un'asse stradale che costeggia l'ultimo pezzo di campagna romana, dove la cementificazione selvaggia ha colpito, tirato su palazzoni serviti da tutte le utenze e ha lasciato i resti della città agricola solo con l'energia elettrica. Tor Pagnotta è il prezzo che la città ha dovuto pagare con la variante di salvaguardia che ha reso Tor Marancia un parco e invece accanto al Gra ha fatto crescere un nucleo di almeno 30 mila abitanti. Laddove i palazzinari hanno trasformato il terreno agricolo in una gallina dalle uova d'oro, gas, acqua potabile, fogne e banda larga sono arrivati. Ma basta fare cinquecento metri di strada per trovare interi nuclei rurali, serviti solo dall'energia elettrica. A due chilometri in linea d'aria dall'Eur, ci ci scalda con il gpl o le stufe a legna o pellet, si estrae l'acqua dai pozzi e la banda larga è un sogno. Però le abitazioni e le attività produttive pagano l'Imu come i palazzoni che invece i servizi li hanno.
Succede a Roma, Capitale d'Italia, metropoli a vocazione europea. Qui, nella città dell'edilizia, dei costruttori e dei palazzinari, almeno 3 cittadini su cento (fonte Acea, copertura residenti nel Raccordo Anulare 97%) vivono come all'inizio del secolo passato. E non parliamo dell'estrema periferia o delle zone abusive dove gli allacci alle fogne e alle condutture dell'acqua potabile per decenni sono stati realizzati di notte con la compiacenza dei vigili urbani, ma zone semiurbane a bassa densità di popolazione comunque comprese entro il Grande Raccordo Anulare.
Un caso simbolo è il comprensorio di Tor Pagnotta, un'asse stradale che costeggia l'ultimo pezzo di campagna romana, dove la cementificazione selvaggia ha colpito, tirato su palazzoni serviti da tutte le utenze e ha lasciato i resti della città agricola solo con l'energia elettrica. Tor Pagnotta è il prezzo che la città ha dovuto pagare con la variante di salvaguardia che ha reso Tor Marancia un parco e invece accanto al Gra ha fatto crescere un nucleo di almeno 30 mila abitanti. Laddove i palazzinari hanno trasformato il terreno agricolo in una gallina dalle uova d'oro, gas, acqua potabile, fogne e banda larga sono arrivati. Ma basta fare cinquecento metri di strada per trovare interi nuclei rurali, serviti solo dall'energia elettrica. A due chilometri in linea d'aria dall'Eur, ci ci scalda con il gpl o le stufe a legna o pellet, si estrae l'acqua dai pozzi e la banda larga è un sogno. Però le abitazioni e le attività produttive pagano l'Imu come i palazzoni che invece i servizi li hanno.
E il Comune? L'acea? I gestori della telefonia fissa? Il Municipio Roma XII da anni ha fatto pressioni sul Campidoglio e sulla società pubblica Acea per completare almeno il ciclo delle acque. C'è un progetto per chiudere l'anello della conduttura potabile che ha un” buco” tra la via Ardeatina all'altezza di via Millevoi e il Raccordo. E qui i burocrati sembrano divertirsi. Mentre per l'urbanizzazione firmata Caltagirone (socio di Acea) l'azienda di piazzale Ostiense fa miracoli (come nel caso della Bufalotta e Cecchignola sud), altrettanto non accade per la parte terminale di via di Tor Pagnotta. Qui il Comune si rifiuta di realizzare i servizi primari, mentre Acea ha spedito in un cassetto il progetto da quasi 1 milione di euro per portare la civiltà dell'acqua potabile.
Ora, a parte la bizzarria per cui Acea si comporta come un'azienda totalmente privata e quindi decide di allacciare solo dove il business dei consumi è garantito, resta un problema serio: qualora i pozzi artesiani della zona dovessero esaurirsi, una recente legge della Provincia di Roma vieta la captazione dell'acqua entro il Raccordo Anulare e decine di famiglie sarebbero costrette alla sete.
In compenso hanno un cimitero a due passi. E' quello delle antenne Rai, di quello che cinquanta anni fa il centro di trasmissione dei segnali radio e tv ora in completo stato di abbandono. Un patrimonio che l'azienda di viale Mazzini ha abbandonato a se stesso, compreso di abitazioni per i dipendenti. E' di fatto una foresta che confina con il Centro nazionale per lo studio dei tumori del cervello, dove però esiste un vincolo totale di inedificabilità imposto dalla Presidenza della Repubblica oltre quaranta ani fa per tutelare il centro di trasmissione Rai che veniva condiviso con i militari della Cecchignola. Dunque, qui non si può costruire nulla. Lo sa la Rai che abbandona tutto in attesa che parta l'iter per sbloccare la zona. Insomma, il solito “giro alla romana”: se arrivano i palazzinari e il cemento a distruggere l'agro romano, i servizi sono velocissimi. Se invece sono “semplici cittadini”, allora porzioni di Roma valgono zero. Niente acqua, niente servizi.
Ora, a parte la bizzarria per cui Acea si comporta come un'azienda totalmente privata e quindi decide di allacciare solo dove il business dei consumi è garantito, resta un problema serio: qualora i pozzi artesiani della zona dovessero esaurirsi, una recente legge della Provincia di Roma vieta la captazione dell'acqua entro il Raccordo Anulare e decine di famiglie sarebbero costrette alla sete.
In compenso hanno un cimitero a due passi. E' quello delle antenne Rai, di quello che cinquanta anni fa il centro di trasmissione dei segnali radio e tv ora in completo stato di abbandono. Un patrimonio che l'azienda di viale Mazzini ha abbandonato a se stesso, compreso di abitazioni per i dipendenti. E' di fatto una foresta che confina con il Centro nazionale per lo studio dei tumori del cervello, dove però esiste un vincolo totale di inedificabilità imposto dalla Presidenza della Repubblica oltre quaranta ani fa per tutelare il centro di trasmissione Rai che veniva condiviso con i militari della Cecchignola. Dunque, qui non si può costruire nulla. Lo sa la Rai che abbandona tutto in attesa che parta l'iter per sbloccare la zona. Insomma, il solito “giro alla romana”: se arrivano i palazzinari e il cemento a distruggere l'agro romano, i servizi sono velocissimi. Se invece sono “semplici cittadini”, allora porzioni di Roma valgono zero. Niente acqua, niente servizi.
5 giugno 2013
Articolo a firma del responsabile Ivan Marinelli che si assume totalmente la responsabilità del contenuto del presente articolo. Per comunicazioni dirette scrivere a: i.marinelli@euroconsumatori.eu
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