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Cartelle AMA: come riconoscere e risolvere le “cartelle pazze” della Tari

13 novembre 2025

Associazione Consumatori

Negli ultimi mesi sempre più cittadini romani si sono trovati a ricevere a casa o via PEC delle “cartelle pazze” da parte di AMA, la società che gestisce la raccolta dei rifiuti nella Capitale. Bollette Tari con importi inspiegabili, annualità già pagate, errori anagrafici o addirittura richieste a chi non è più residente a Roma: un vero rompicapo che genera ansia e confusione. Ma facciamo chiarezza: cosa sta succedendo e, soprattutto, come si può risolvere?

 

Cos’è una “cartella pazza” AMA

Si parla di “cartella pazza” quando AMA o l’amministrazione inviano una richiesta di pagamento non dovuta. Può trattarsi di:

  • doppie fatturazioni già saldate,
  • errori nel calcolo della superficie dell’immobile,
  • importi riferiti a utenze cessate,
  • invii a contribuenti deceduti o non più residenti,
  • richieste su immobili locati o venduti da tempo.

Il problema nasce spesso da banche dati non aggiornate o da incroci errati tra informazioni catastali e anagrafiche.


Come controllare se la cartella è corretta

Prima di agitarsi, il primo passo è verificare la legittimità della cartella.
Controlla attentamente:

  1. I dati anagrafici (nome, indirizzo, codice fiscale).
  2. L’immobile indicato, verificando che sia effettivamente di tua proprietà o in uso.
  3. Il periodo di riferimento e la data di emissione.
  4. Eventuali duplicazioni rispetto a pagamenti già effettuati.

Se hai già pagato la Tari per lo stesso periodo, conserva ricevute, bollettini e quietanze: saranno fondamentali per dimostrare che la richiesta è infondata.

Come comportarsi in caso di errore

Se ritieni che la cartella sia errata, non pagare immediatamente. Hai diritto di chiedere una verifica e una rettifica.
Puoi:

  • presentare istanza di autotutela ad AMA o all’Ufficio Tributi del Comune;
  • allegare le prove del pagamento o i documenti che dimostrano l’errore (ad esempio un contratto di locazione o una voltura);
  • chiedere la sospensione della riscossione in attesa di chiarimenti.

L’autotutela non ha costi e può evitare contenziosi più lunghi e onerosi.

 

Cosa succede se non rispondi

Ignorare la cartella non è mai una buona idea. In assenza di riscontro, AMA o il concessionario della riscossione può procedere con fermo amministrativo, pignoramento o iscrizione a ruolo coattivo.
Anche se la richiesta è palesemente sbagliata, occorre presentare un reclamo scritto per bloccare la procedura e far valere le proprie ragioni.


Quando serve un aiuto esperto

In molti casi, la documentazione richiesta è complessa e le risposte di AMA arrivano con ritardi notevoli. Per evitare di finire in un labirinto burocratico, è consigliabile rivolgersi a un’associazione dei consumatori o a un esperto in materia tributaria.
Questi possono seguire la pratica, verificare la correttezza dei calcoli e, se necessario, presentare un ricorso formale entro i termini previsti (generalmente 60 giorni dalla notifica).


Come prevenire future “cartelle pazze”

Per ridurre il rischio di ricevere nuove richieste ingiustificate, conviene:

  • controllare periodicamente la propria posizione Tari sul portale AMA;
  • segnalare tempestivamente cambi di residenza o di intestazione dell’immobile;
  • conservare sempre le ricevute dei pagamenti per almeno 5 anni;
  • verificare che i dati catastali e le superfici dichiarate siano corretti.

Le “cartelle pazze” AMA non sono solo un fastidio, ma un vero problema per molti cittadini che si ritrovano a dover dimostrare di non dovere ciò che non è dovuto. Tuttavia, con metodo e documentazione alla mano, si può risolvere senza dover affrontare lunghe battaglie legali.
In caso di dubbi o richieste sospette, il consiglio è chiaro: non pagare subito, ma chiedere chiarimenti e farsi assistere. Solo così si può trasformare un incubo burocratico in una pratica risolta.

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