ABORTO: DIRITTO ALLA VITA O DIRITTO ALLA SCELTA? Sentenza del TAR Lazio contro i Movimenti Per La Vita e a favore per la regolamentazione della Pillola del Giorno dopo e dell’obiezione di coscienza.
4 agosto 2016

La Legge 194 del 1978: dopo 38 anni ancora viene applicata solo in maniera parziale ed è necessario intervenire ogni volta per ripristinare il diritto della donna a compiere libere scelte.
Con la Sentenza n. 8990/2016 il
TAR per il Lazio ha confermato il Decreto di Zingaretti del 2014 che ridefiniva
e riordinava le attività nei Consultori nella Regione Lazio respingendo e
ritenendo infondato il ricorso delle Associazioni e Movimenti per la Vita.
La Regione Lazio spiega che: “rispetto ai ricorsi presentati dalle associazioni, i giudici hanno stabilito che:
- 1. Le cosiddette ‘PILLOLE DEL GIORNO DOPO’ non sono farmaci abortivi ma semplici contraccettivi, come stabilito anche, con dati scientifici, dall’ Agenzia Italiana Del Farmaco – AIFA e dalla sua omologa europea, EMA;
- 2. L'obiezione di coscienza da parte dei medici, per quanto previsto dalla legge 194, non si può applicare alla certificazione dello stato di gravidanza, attestazione necessaria per l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Tale certificazione, infatti, non riguarda l’IVG ma è la semplice attestazione di uno stato di salute”.
FACCIAMO UN PASSO INDIETRO E VEDIAMO LO STATO DELLE COSE IN ITALIA SULL'ABORTO.
Per ABORTO intendiamo qualsiasi interruzione di
gravidanza, prima del termine fisiologico dei 9 mesi, sia che esso sia
SPONTANEO (conseguente ad un fatto naturale o accidentale) o PROVOCATO (indotto
con tecniche mediche o per volontà della donna).
La Legge 194 del 1978 è finalmente intervenuta a tutela del
diritto delle donne a scegliere liberamente e individua 2 momenti in cui la
futura madre può effettuare l'interruzione di gravidanza:
- Nei primi 90 giorni per una sua libera decisione;
- Dopo i primi 90 giorni nei casi previsti dalla legge (quando gravidanza o parto possono essere pericolosi per la vita della donna o del feto o ci sono malformazioni e anomalie)
La donna può rivolgersi al Consultorio, alle Strutture
Sanitarie, al proprio medico di fiducia che rilasceranno o il certificato che
attesta l’urgenza o il documento nel quale le si chiede di riflettere sul passo
da fare e soprassedere per 7 giorni.
Punizioni e sanzioni
All’art. 19 della 194/1978 si legge che “chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità […] è punito con la reclusione sino a 3 anni. La donna è punita con una multa sino a £ 100.000”. Tralasciamo l’aspetto punitivo dei 51 € di multa per un’azione volontaria deliberata o costretta che resterà, comunque, sulla pelle e sull’anima della donna per tutta la vita.
Bisogna dare atto che la L 194/1978 ha reso la procedura abortiva legale, mettendo fine al famigerato Codice Rocco (1930) che prevedeva la reclusione da 2 a 5 anni per la donna consenziente o per chiunque ne cagionasse l’aborto e reclusione da 1 a 4 anni per la donna che si fosse procurata l’aborto.
Codice Rocco sicuramente in linea con la filosofia e politica fascista che considerava non solo l’aborto, ma anche l’uso di qualsiasi metodo contraccettivo come un delitto contro la stirpe. Risultato: percentuale elevatissima di aborti clandestini, praticati in maniera più o meno professionale con un numero spaventoso di donne morte dissanguate o per infezioni per operazioni fatte male.
Per ragioni etiche o
morali, medici e ausiliari (da medici di fiducia e generalisti, a
ginecologi, infermieri, anestesisti, dipendenti, ostetriche ecc.) possono
obiettare, cioè rifiutarsi di adempiere ad un obbligo di legge, previa
comunicazione al medico provinciale e al direttore sanitario, in caso di
personale dipendente dalla struttura sanitaria. L’art. 9 della L 194/1978
recita: “L’obiezione di coscienza esonera
il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle
procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a
determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente
e conseguente all’intervento.”
Questo quanto prevede in teoria la Legge. In pratica, spesso
nelle Strutture Sanitarie la donna che decide di interrompere la gravidanza o
che diversi motivi deve porre termine alla gravidanza può subire umiliazioni,
punizioni o abusi da parte del Personale che a volte si erge a Giudice di una
situazione non vissuta.
L'applicazione della 194/1978 è, infatti, troppo spesso in funzione della buona volontà degli Operatori e dei Direttori Sanitari, poiché mentre in genere nel Nord Italia l'intervento è considerato facente parte della normale routine di reparto e i medici si alternano in sala operatoria, in generale nel Centro Sud la percentuale di obiettori di coscienza è molto elevata, con il risultato che i servizi dati a chi subisce un aborto hanno sempre vita precaria, legata alla disponibilità degli operatori non-obiettori.
Non esiste nessun vincolo che obblighi gli ospedali a
rispondere alla domanda del loro territorio e così le donne spesso sono
costrette a vagare, dopo aver eseguito la certificazione, alla ricerca di un
posto in lista operatoria.
La Relazione 2015 del Ministero della Salute sullo Stato di attuazione della Legge 194/1978 (dati 2013) attesta che la percentuale media di obiettori tra i Medici Ginecologi è del 70% in Italia e raggiunge addirittura l'80,7% nella Regione Lazio, Anestesisti al 49,3% in Italia e 71,6% nel Lazio, Personale non medico al 46,5% in Italia e 52% nel Lazio.
Allo scopo di dare un servizio ben fatto e certezza di
essere seguiti, l’Associazione LAIGA – Libera
Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della L 194/1978 sta
cercando di mettere in contatto, contare, fornire i riferimenti nelle varie
Regioni delle Strutture, dei Medici e Personale non obiettore colmando il gap del Ministero della Salute, presso
il quale non è ancora disponibile un elenco di Strutture ed Operatori che
applicano la 194/1978. Per maggiori informazioni: www.laiga.it
Tanta strada ancora l’Italia deve compiere. Quello che auspichiamo è non solo un intervento politico dall’alto (Ministero della Salute), ma anche un’educazione e sensibilizzazione dal basso (società civile).
Riassumiamo alcuni interventi urgenti:
- tutela delle donne che vogliono usufruire della 194/1978 (soprattutto, delle donne che chiedono l’aborto terapeutico);
- tutela della 194/1978 e degli operatori della stessa;
- creazione da parte del Ministero della Salute di una mappa di luoghi ed Operatori in Italia dove sia possibile sottoporsi ad aborto terapeutico;
- sorveglianza e monitoraggio delle "pari opportunità" in ambito lavorativo tra personale non obiettore e obiettore con denuncia dove è individuata una discriminazione;
- controllo della corretta applicazione della 194/1978 in tutte le ASL come previsto dalla legge e denuncia ove ciò non accada;
- maggiore celerità nella raccolta dati da parte del Ministero della Salute in maniera da lavorare su dati aggiornati.
A.E.C.I. e la Consulta Giuridica nazionale restano a
disposizione delle donne e degli Operatori che abbiano subito discriminazioni o
che abbiano visto violare i propri diritti. Come contattarci:
- compilando il form sottostante;
- contattandoci al num. 06 4510 914;
- scrivendo a: helpdesk@euroconsumatori.eu.
